Care sorelle, cari fratelli nella nostra Diocesi di Bolzano-Bressanone!
Il mercoledì delle ceneri segna nuovamente l’inizio dei 40 giorni del periodo penitenziale pasquale in preparazione alla festa più antica e più grande della nostra fede. Questo percorso spirituale termina con i giorni della passione, morte, sepoltura e resurrezione di Gesù, i giorni più importanti dell’anno liturgico: il Giovedì Santo, il Venerdì Santo, il Sabato Santo, la Domenica di Pasqua. Per il cammino pasquale di quest’anno mi preme consigliare alcune intenzioni. Si può naturalmente optare per altri aspetti altrettanto possibili, significativi e preziosi, l’importante è che l’intenzione sia concreta.
“Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!”, richiama l’apostolo Paolo nel primo giorno di Quaresima (2 Cor 6,2).
1. Digiunare oggi
Digiunare è il trend del momento. Un’intera industria ruota intorno a prodotti per il digiuno. Il digiuno cristiano non ha solo lo scopo di purificare il corpo, ma anche l’anima. Preghiera, digiuno, elemosina: questi tre mezzi sono raccomandati nella Bibbia per la purificazione dell’anima. Alcuni profeti sono ancora più radicali: il digiuno che piace a Dio non consiste negli sforzi per il dimagrimento fisico, ma nelle opere di bene. Papa Francesco ci ricorda ripetutamente una forma speciale di digiuno: “… le chiacchiere possono uccidere, perché uccidono la fama delle persone! È tanto brutto chiacchierare! All’inizio può sembrare una cosa piacevole, anche divertente…ma alla fine, ci riempie il cuore di amarezza, e avvelena anche noi”.
Il digiuno non è fine a se stesso. Ha lo scopo di liberarci da tutto ciò che è superfluo e dannoso. Liberi per cosa? Per Dio e per le persone; meno egocentrismo, più tempo per gli altri; meno pretese, più coinvolgimento; meno critiche, più preghiere; meno scalpore mediatico, più profondità di pensiero; meno pettegolezzi, più attenzione al prossimo; meno toni accesi, più silenzio, più raccoglimento, più riflessione; bisogna tornare ad avere fame di Dio.
2. Accostarsi oggi alla confessione
Vorrei incoraggiarvi a riscoprire un sacramento dimenticato: il sacramento della Riconciliazione. Lo faccio per esperienza personale. Perché anche nella mia vita c’è una tensione tra fede e scetticismo; tra come vorrei essere e come sono; tra l’affidamento al Vangelo e l’incompiutezza della mia sequela di Cristo; tra ciò che mi riesce e ciò che si trascina senza convinzione. Naturalmente ci sono molti modi per sperimentare il perdono, per convertirsi, per fare qualcosa di diverso e migliore. Ma il sacramento della Riconciliazione è particolarmente intenso e concreto – e proprio per questo è così prezioso. Non si tratta del peccato in generale, non si tratta del peccato degli altri, si tratta di me, della mia relazione con Dio e con le persone, del riconoscimento personale e dell’ammissione della colpa; ma soprattutto si tratta di cercare e di avere bisogno di Dio e del suo amore. Ho imparato ad apprezzare la confessione da una duplice prospettiva: come penitente e come confessore. È qualcosa di grande quando una persona può credere che Dio sia sempre pronto a perdonare, senza eccezione, ogni volta che lo chiediamo. Ed è qualcosa di grande che un sacerdote, che è egli stesso peccatore e bisognoso di perdono, possa dire ad un’altra persona in nome di Dio e della Chiesa: “Ti assolvo dai tuoi peccati”, in modo vero, senza se e senza ma. Provate! Anche dopo anni o decenni. La confessione ha molto a che fare con un’esperienza di liberazione donata e di libertà concreta.
3. Contemplare oggi la Via Crucis
Le 14 stazioni della Via Crucis sono come uno specchio in cui ci riflettiamo. In esso non c’è posto per la superficialità. Le risate e gli schiamazzi sconsiderati della Via Crucis sono lo scherno dei carnefici. Contemplare la Via Crucis significa che tu stesso percorri questo cammino, con le tue debolezze, i tuoi fallimenti, le tue ferite, le tue domande aperte. Punta lo sguardo su ciò che non ti piace guardare in te stesso. Prendi con te quello che non ti piace ammettere: gli errori, le colpe, i giudizi severi, l’indifferenza, le cadute, i fallimenti, la paura della sofferenza e della morte. Le persone che incontriamo sulla Via Crucis percorsa da Gesù ci dicono cose importanti su noi stessi e anche sul nostro tempo – positivamente e negativamente: Pilato, i soldati, Maria, Simone di Cirene, la Veronica, le donne piangenti di Gerusalemme, la gente ai lati della strada che dalle grida osannanti passa velocemente alle urla di condanna.
La decima stazione racconta come Gesù venga spogliato delle vesti. Nudo e alla mercé dei suoi carnefici, sta davanti a loro, in un ultimo momento di umiliazione. I vestiti non sono solo indumenti atti a coprire una persona, ma ne velano anche i segreti. A Gesù vengono strappati di dosso, mentre gli insulti lo penetrano nel profondo. Questo accade anche oggi, anche tra di noi. Inizia con il pettegolezzo: “Hai sentito…” e finisce con l’annientamento della reputazione. Nessuno sa niente con certezza, ma tutti hanno qualcosa da dire. E ancora: ognuno si eleva a giudice con la presunzione di poter capire e sentenziare su tutto. Oggi spogliare una persona delle vesti significa diffondere sui social media pregiudizi, osservazioni e accuse meschine, ingannevoli, anonime e distruttive. Ciò che rimane sono persone i cui sentimenti sono calpestati, la cui fiducia è compromessa, la cui dignità è devastata e non di rado anche annientata. Non c’è bisogno della tortura. La gogna mediatica inizia con discorsi e condanne che nulla conoscono del mistero e della dignità dell’essere umano.
4. Assistere le persone che oggi hanno subito abusi, umiliazioni e violenze.
Nelle ultime settimane siamo stati confrontati ancora una volta con la ferita, lo scandalo e il peccato degli abusi perpetrati nella Chiesa. Come vescovo riconosco con sentimenti di profondo cordoglio che in questo ambito delicato, doloroso e infamante si possono commettere errori in modo sconsiderato. Fa male rendersi conto che anche noi come Chiesa abbiamo mancato e manchiamo, perché abbiamo dedicato troppa poca cura e attenzione alle vittime, al loro bisogno, alle loro ferite, al loro grande dolore.
La rielaborazione del passato e la prevenzione rimangono il nostro mandato – come Chiesa e come società. Riconosco che, come diocesi, dobbiamo affrontare questo compito in modo ancora più deciso. Sarebbe un grande passo in avanti poter raggiungere una maggiore solidarietà tra tutti gli ambiti della vita ecclesiale, familiare e sociale, poiché l’abuso può avvenire e avviene ovunque. Chiedo quindi che se ne parli apertamente, per quanto sia difficile e richieda molto sforzo. Esorto tutti coloro che hanno subito umiliazioni, violenze e abusi sessuali nella Chiesa a trovare il coraggio di rompere il silenzio e contattare il nostro sportello diocesano. Incoraggio le vittime, le persone coinvolte e coloro che ne sono a conoscenza in tutti i settori della società e della Chiesa a farsi avanti laddove si sia verificato un abuso. I casi attuali dovrebbero essere anche consegnati all’autorità civile.
Percorrere il cammino vicini e assieme.
Il Sinodo mondiale, sul quale Papa Francesco ripone tanta speranza, ci incoraggia a metterci in cammino – seguendo Gesù, ascoltandolo e ascoltandoci l’un l’altro. Il nostro tema annuale diocesano ci invita a osare e a compiere questo percorso “vicini e assieme”. Camminiamo insieme, soprattutto ora. Restiamo fedeli compagni di viaggio gli uni degli altri a tutti i livelli della Chiesa: vicini e uniti in LUI, il Signore crocifisso e risorto.
+ Ivo Muser, vescovo
Mercoledì delle Ceneri, 2 marzo 2022