COMUNICATO STAMPA
13.05.2020
È cresciuta in questi mesi la convinzione che la fede debba mostrarsi soprattutto nella vita concreta, quotidiana, solidale? Usciremo dalla crisi da coronavirus rafforzati come società e come Chiesa, con il coraggio di ripensare, di non continuare semplicemente come prima? Sono alcune domande che il vescovo Ivo Muser rivolge alla comunità nel suo messaggio in vista del ritorno alle celebrazioni pubbliche. E lunedì 18 maggio il vescovo invita a celebrare con i fedeli nei due duomi e nelle chiese parrocchiali della Diocesi.
9 marzo – 18 maggio 2020: LUI era e resta in cammino con noi
“La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: pace a voi!“ (Gio 20,19): a questa esperienza pasquale ho pensato spesso negli ultimi due mesi. Una forte immagine biblica che mi ha accompagnato attraverso questo tempo e anche aiutato: il Cenacolo è chiuso, ma il Crocifisso non è più nella sua tomba! Nemmeno le porte sbarrate possono fermarlo. LUI era ed è qui – anche nelle molte ferite che la crisi da coronavirus ha causato e ancora provoca.
Molte e differenti reazioni mi hanno raggiunto in questi mesi, comprese anche pressioni, posizioni egoistiche e ideologiche. E come poteva essere altrimenti, per una sfida che ci ha assaliti tutti “come un ladro di notte“.
Ma soprattutto in questo tempo nuovo, inusuale e anche doloroso ho sperimentato molta voglia di fare rete, di solidarietà, responsabilità, disponibilità, fantasia, comprensione, gratitudine, pazienza, umiltà e speranza. Molte persone mi hanno scritto e raccontato le loro agitazioni e preoccupazioni, il loro tentativo di interpretare e superare questa esperienza attraverso la fede. Di questo le ringrazio di cuore! Moltissimi hanno anche partecipato all’Eucarestia e ad altre celebrazioni liturgiche tramite i media. Un’opportunità preziosa, che in tanti hanno utilizzato.
Le crisi fanno uscire il meglio dalla persona, ma mostrano anche i punti deboli. La difficoltà insegna a pregare, ma anche a imprecare. Le crisi invitano a un “discernimento spirituale“. Tempi ed esperienze difficili evidenziano come la nostra fede sia a prova di crisi, come ci rapportiamo con questioni aperte, irrisolte e anche dolorose, per le quali non esistono risposte rapide e semplici.
Dal 18 maggio “il Cenacolo chiuso“ riaprirà per tutti i fedeli! Ci accompagnerà il ricordo di ciò che abbiamo vissuto, di ciò che abbiamo dovuto imparare e di ciò che ci ha aiutato? Resteremo consapevoli di quanto siano importanti le nostre chiese domestiche, nelle quali le persone pregano individualmente e in comunità, nelle quali famiglie, bambini, giovani e adulti vivono e celebrano la fede? È cresciuta in queste settimane la convinzione che la Santa Messa celebrata assieme non va separata dalla “Santa Messa della vita“, che la fede debba mostrarsi e affermarsi soprattutto nella vita concreta, quotidiana, solidale, cristiana? Queste settimane ci hanno insegnato una nuova consapevolezza del significato del “primo giorno della settimana“, della domenica? Usciremo dalla crisi da coronavirus rafforzati come società e come Chiesa, con il coraggio di fermarsi a riflettere, di analizzare criticamente, di ripensare, di non continuare semplicemente come prima, e con una decisa responsabilità per l’uomo e il creato?
In questo tempo di “porte chiuse“ ho spesso ripensato a un incontro avuto a Roma nel maggio 2019. Una coppia di sposi dell’ex Unione Sovietica mi ha raccontato che la loro famiglia numerosa per quasi vent’anni, sotto il comunismo, è sopravvissuta da cristiana senza sacerdote e senza celebrazione eucaristica. I familiari si incontravano domenica dopo domenica in segreto, a porte e finestre chiuse, leggevano la Parola di Dio, pregavano sui testi liturgici e ponevano sul tavolo una vecchia stola per unirsi in spirito all’Eucarestia che veniva celelebrata nel luogo geograficamente più vicino. La stola era appartenuta all’ultimo parroco che avevano avuto in paese e che era stato deportato in un campo di prigionia. Una testimonianza di fede che mi ha molto colpito!
Dal 18 maggio sono nuovamente possibili le celebrazioni con il popolo. Grazie a Dio! Ma le porte aperte delle nostre chiese servono e ci aiutano solo se nasce un nuovo desiderio di incontrare il Risorto nella sua chiesa, nella sua Parola e nella sua Eucarestia. Auguro a tutti noi la convinzione della fede pasquale: la tomba del Crocifisso è vuota e il Risorto viene sempre in mezzo a noi per donarci la sua pace e il suo spirito. Anche a porte chiuse.
Il vostro Vescovo
+ Ivo Muser